Aksé. Vocabolario per una comunità teatrale

Aksé. Vocabolario per una comunità teatrale

on 30 Aprile | in collana il giardino salvatico | by | with No Comments

a cura di Mauro Petruzziello
fotografie di Laura Arlotti

L’arboreto Edizioni
Mondaino, marzo 2012

Direzione: Fabio Biondi
Coordinamento: Simonetta Piscaglia
Ideazione e realizzazione grafica: Lucrezia Gismondi

Pagine: 120
Rilegatura: in brossura
Dimensione: 15x21x1 cm
Prezzo di copertina: € 10,00
ISBN: 978-88-905737-0-5

Il libro su Aksè tenta di fotografare il senso di questa esperienza che coinvolge gruppi, artisti, critici e operatori provenienti da varie discipline (teatro, danza, fotografia) mettendoli in relazione fra loro attraverso periodi di condivisione di spazi di prova e di convivenza. 
Un esperimento non finalizzato alla produzione di un’opera o alla stesura di un manifesto artistico comune, ma a un continuo e profondo confronto fra modalità artistiche. 
Come un vocabolario, il libro è costruito attorno a parole chiave (cura, minoranza, autoformazione, organismo, ecc…) che perimetrano l’essenza di Aksè e danno il titolo agli scritti di coloro che hanno finora fatto parte di quest’esperienza. 
A questo materiale si aggiunge la trascrizione dell’incontro che ha impegnato molte compagnie che partecipano al progetto in una riflessione sul significato di Aksè attraverso cinque parole-concetto (comunità, lusso del tempo/spreco del tempo, rischio, sguardo, prassi). 
A completare il volume, lavoro fotografico Work In Progress di Laura Arlotti.
Gruppi, artisti, critici e operatori che hanno preso parte o hanno sostenuto il progetto:
Laura Arlotti, Daniel Blanga Gubbay, Barbara Boninsegna, Silvia Bottiroli, Massimo Carosi, Città di Ebla, Lorenzo Donati, Espz, Thomas Fiedler, Gruppo Nanou, Muta Imago, Lucia Oliva, Paolo Ruffini, Santasangre, Dino Sommadossi, Daniele Villa.

Eugenio Barba , 1936, cresce a Gallipoli nel Salento. Dopo la licenza liceale, nel 1954, viaggia a lungo in autostop nei paesi del Nord. Si stabilisce a Oslo. Lavora come lattoniere nell’officina di Eigil Winnje. Nel 1956 e nel 1957 è mozzo addetto alle macchine su un cargo e una petroliera norvegesi con scali in Africa, Asia, America Latina e America del Nord. Rientrato a Oslo si iscrive all’università che termina diplomandosi in Letteratura Francese e Norvegese e Storia delle Religioni. Riprende il proprio lavoro d’operaio e si lega agli ambienti della sinistra studentesca. Nel 1960 vive sei mesi in un kibbutz in Israele. Ottiene una borsa di studio per la Scuola Teatrale di Varsavia, corso di regia. La abbandona nel 1961 per lavorare con un piccolo teatro sperimentale nella cittadina di Opole, diretto dal giovane e sconosciuto regista Jerzy Grotowski e dal noto critico Ludwik Flaszen. Vi resta fino all’aprile del 1964, alternando il lavoro d’aiuto regista con viaggi in Europa – per diffondere le notizie sull’attività di Grotowski – e un soggiorno nel sud dell’India per studiare il Kathakali.
Nell’ottobre del 1964 fonda a Oslo l’Odin Teatret. Due anni dopo, con il suo teatro emigra in Danimarca, nella piccola città di Holstebro. In quasi cinquant’anni di attività, l’Odin Teatret ed Eugenio Barba sono divenuti una leggenda del teatro contemporaneo. Un pugno di persone che si sono guadagnate l’influenza di un’indipendente tradizione teatrale. Creano un proprio modo di trasmettere le esperienze sia in pratica (con un’intensa attività di seminari e stage), che pubblicando libri e documenti filmati. Contribuiscono in maniera innovativa alla crescita della “scienza del teatro”: nel 1979, Eugenio Barba fonda l’ISTA, International School of Theatre Anthropology, e nel 2002 il Centre for Theatre Laboratory Studies.
Al cuore di questa imponente attività d’autonoma politica culturale, a darle il senso e il valore d’una conquistata differenza, vi è l’incandescenza degli spettacoli che Eugenio Barba ha creato con il suo piccolo gruppo di attori, spettacoli (come Ferai, La casa del padre, Ceneri di Brecht, Il Vangelo di Oxyrhincus, Itsi Bitsi, Dentro lo scheletro della balena, Il sogno di Andersen ) che affrontano l’orrore della Storia e si fissano potentemente nella memoria e nella coscienza di migliaia di spettatori sparsi qua e là per il mondo.


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